samuel trenquier, wise up ghosts 22.10.2013>24.11.2013
Martedì-Sabato
ore 10.00 - 18.00
Domenica ore 11.00 - 18.00
Ca' Bonvicini
Samuel Trenquier
wise up ghosts

A cura di Laura De Caro, Priya Shetty
In collaborazione con Fabio Anselmi e Francesco Elisei

“Wise up Ghosts è un gioco di parole fonetico che può essere inteso come What’s up Ghosts. Considero sempre l’esposizione come una forma di compilation(se si tratta di una collettiva) o come un album (se si tratta di una personale). Un album di musica è composto da molteplici tracce mirate a dare una direzione e una coerenza all’opera. I « Ghosts » o «fatti-feticci»  sono delle piccole entità raccolte nei miei collage di oggetti o nelle forme totemiche dei miei disegni.  Lontano da ogni misticismo e poiché siamo dei sognatori, conferisco questo titolo di fantasma per puro affetto e per gioco in un’imitazione dell’apprendista stregone.
Wise up Ghosts è il bricolage di uno scrigno per la sua leggerezza e un invito a tornare ai tempi dell’infanzia troppo velocemente dilapidati”.
Samuel Trenquier

Nella densa foresta formata dalle opere di Samuel Trenquier ci si sposta come un animale domestico che disconosce il lusso dei rami e del muschio, l’insolenza delle cime e l’agitazione del suolo, che non sa ancora muoversi senza guardarsi i piedi, lasciandosi andare al pericolo delle bestie future e le trappole vegetali.
Cosa ci facciamo in questa foresta di simboli noi animali da compagnia?
Cosa abbiamo perso, imparando a nutrirci a ore regolari, senza lasciarci sopraffare dalla nostra Fame?
Le piccole sculture, gli altari, le opere più grandi, raccontano che per cominciare a credere (agli extra-terrestri, alla magia, agli Dei, nell’Altro) occorre cominciare sostituendo l’assenza con la presenza di ciò che l’accoglierà nel futuro, sostituendo al dubbio la convinzione dell’atto che invita, che apre, che chiama e che crea.
Una pista di atterraggio, un altare (modello ridotto del Tempio), una festa organizzata per un mostro marino ipotetico, un totem, un Golem, un amuleto, tutte cose che tentano di creare un legame, di tenere conto del legame stesso all’invisibile, di renderlo visibile mediante la costruzione spaziale dell’Entrata, dove la messa in scena corrisponde già alla creazione di presenza. Ma sappiamo tutti che questi doni non troveranno i loro destinatari, che non ci sarà alcun altro destinatario che l’Oblio e ciò che si presenta fragile dinanzi a noi è l’irriducibile tentativo di trasformare l’Assenza in gioia, il lutto in festa.

A volte gli è necessario un tempo infinito, a Samuel Trenquier, per l’apparizione di un oggetto, di un segno, una materia, un colore speciale.
Occorre osservare questa falsa disinvoltura con la quale l’artista inserisce l’oggetto triviale nella sfera della sacralità dell’infanzia, nella sacralità di ciò che è andato perso, come disegna nello spazio la cartografia di un mondo che il tempo rosicchia fino a lasciare lo scheletro malconcio di giocattoli irrimediabilmente già rotti. Si reggono al suolo solo per miracolo, come per una volontà di presenza più antica e necessaria ancora della stessa attività umana.
Il suo lavoro sventa la nozione di Dono sacrificale, di per-dono, restando nell’ambito del puro dono gratuito a ciò che verrà, all’avvenire, l’atto che favorirà nella sua turbolenza altri incontri, degli echi, degli scontri e dei poemi.
Ca’ Bonvicini, Santa Croce 2161


Visualizzazione ingrandita della mappa